Nell’assenza di un adeguato progetto per il futuro della sanità pubblica nei diversi programmi elettorali c’è dell’altro. Non solo e non tanto le colpe passate; c’è un’assenza di pensiero. In questo articolo pubblicato su saluteinternazionale.info, Marco Geddes mostra come, da alcuni segni, si può presumere, o intravedere, un problema generale. Come una serie di sintomi sembra predittiva di una sistemica crisi del nostro Servizio sanitario nazionale. In particolare, tratta di alcuni eventi riportati dalla cronaca quotidiana, occorsi in queste settimane. Ad esempio, non tanto la situazione critica in cui versano molti Pronto Soccorso, quanto i provvedimenti presi per rimediare a tali falle del sistema di emergenza-urgenza. Si dirà che sono provvedimenti occasionali giustificati dalla necessità e dalla mancanza di alternative. Ma proprio per questo sono sintomi dello sfascio in cui ci troviamo; segno evidente di aver “raschiato il fondo del barile”.
Secondo Geddes, un caso davvero eclatante è l’impiego di medici turnisti chiamati per coprire i turni scoperti. Ciò avviene con l’intermediazione di società di ingaggio, quali cooperative costituite ad hoc. Uno sguardo più particolare ce lo offre un’intervista a una “turnista” di Imola. Ciò che colpisce non è tanto la festosa dichiarazione della propria cupidigia quale unica cifra della attuale scelta lavorativa. Quello che più preoccupa è che il Servizio sanitario sia arrivato ad utilizzare, in un contesto così delicato e a caro prezzo, un medico senza specializzazione.
Immaginavamo che le soluzioni si potessero desumere nei programmi elettorali delle diverse forze politiche. Di trovare alcune iniziative immediate e strategie di ampio respiro per la prossima legislatura o il prossimo decennio, con soluzioni diversificate ma puntuali e documentate. Ebbene, ne resterete delusi. Come molti colleghi hanno già testimoniato nei loro interventi, lamentando che i medici sono stati poco ascoltati nella stesura delle proposte, richiamando i rischi di attuazione della Autonomia differenziata in sanità, dati gli orientamenti dello schieramento favorito e la scarsa chiarezza, anche su tale questione, del Partito Democratico.
Ad analoghe conclusioni, dopo una attenta disanima dei diversi programmi, perviene l’Associazione Salute Diritto Fondamentale. La questione salute non compare fra i diritti, gli elementi da definire nei rapporti istituzionali, le politiche europee, le politiche ambientali, o il rapporto Stato-Regioni. Le elaborazioni di associazioni, centri di ricerca e sindacati non hanno trovato posto nei programmi (se non raramente e in termini frammentari e marginali). La riforma delle cure primarie, che dovrebbe inverare il principale progetto del PNRR in Sanità (le Case della Comunità), non è presente in alcun testo. La salute, in tutte le politiche, resta pertanto uno slogan, non un obiettivo da richiamare e su cui articolare le diverse proposte!
Che tale sia la situazione è ormai acquisito anche dagli osservatori meno direttamente coinvolti nello specifico della sanità. Il Sole 24 Ore del 4 settembre titola in prima pagina su quattro colonne: “Sanità, le sette emergenze dimenticate”. L’articolo si apre con queste parole “È la grande assente di questa campagna elettorale. Dopo oltre due anni di pandemia, la sanità è stata dimenticata dalla politica”. Analoga la conclusione del quotidiano L’Avvenire dopo una disanima dei programmi elettorali. “Due anni e mezzo di Covid avrebbero dovuto insegnarci molto sullo stato di salute del nostro Sistema sanitario e sulle risposte da mettere in campo per ricostruirlo. A sorpresa, invece, i programmi elettorali affrontano i temi nevralgici del comparto sanità con proposte trite e ritrite e senza una visione d’insieme”.
L’articolo sottolinea poi come domandarsi le ragioni dell’attuale dissesto comporta un lungo e retrospettivo J’Accuse che coinvolgerebbe, in modo diversificato, la quasi totalità delle forze politiche. La mancata programmazione pluriennale tra posti in medicina e borse di specializzazione; il mantenimento di un tetto di spesa per il personale; il mancato cambiamento del rapporto con i medici di famiglia; la riduzione continua dei finanziamenti alla sanità; la mancata creazione di un’azienda pubblica per la produzione dei farmaci e vaccini; il ridotto finanziamento alla ricerca. Tuttavia, nell’assenza di un adeguato progetto per il futuro della sanità pubblica nei diversi programmi elettorali c’è dell’altro. Non solo e non tanto le colpe passate. C’è un’assenza di pensiero.
«Non stiamo vivendo – come ha affermato recentemente Edgar Morin – soltanto la crisi di una sinistra in rovina, la crisi della democrazia nel mondo intero, la crisi di uno Stato sempre più burocratizzato, la crisi di una società dominata dal denaro, la crisi di un umanesimo sopraffatto da odio e violenza, la crisi di un pianeta devastato dall’onnipotenza del profitto, la crisi sanitaria scatenata dalle epidemie. Stiamo vivendo, soprattutto, una crisi più insidiosa, invisibile e radicale: la crisi del pensiero».