Da Quotdiano Sanità del 29 Marzo 2023
Libera professione per gli infermieri? Un vantaggio per il privato.
Nell’ articolo pubblicato da Quotidiano Sanità dell 29 Marzo, Marco Geddes analizza gli articoli concernenti la sanità contenuti nel Decreto Bollette approvato daI Consiglio dei Ministri del 28 marzo. Tra gli articoli inseriti su proposta del Ministro della Salute Orazio Schillaci, particolare attenzione merita l’Articolo 11. Tale articolo elimina le incompatibilità per attività effettuate al di fuori dell’orario di lavoro per le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione appartenenti al personale del comparto sanità. Geddes suppone che tale approccio risponda alla reclamazione di vari sindacati, prevalentemente infermieristici, di una equiparazione, in tale ambito, alla professione medica. Quest’ultima, infatti, ha da tempo diritto di esercitare l’attività libero professionale in intramoenia.
Si intende peraltro – si suppone nell’articolo – rispondere a un problema cronico e ingravescente del nostro Paese: la carenza di personale infermieristico. Questa situazione è il risultato delle condizioni di lavoro e retributive nella sanità pubblica italiana. Gli stipendi sono fino al 40% più bassi degli altri paesi europei. L’Italia è l’unico paese europeo in cui gli stipendi medi della popolazione negli ultimi trent’anni sono calati. Queste condizioni di lavoro sono alla radice di più fenomeni. Una scarsa attrattiva della professione infermieristica, cosicché i posti disponibili in formazione vanno in parte deserti. Nel 2002 si è anche assistito a un ulteriore calo di iscrizioni al corso triennale di scienze infermieristiche. Inoltre, la migrazione all’estero è diventata un fenomeno rilevante. Attualmente, oltre 7.000 infermieri italiani sono impiegati in altri paesi europei, mentre in Italia solo il 4.8% degli infermieri viene dall’esterno.
Di fronte a tale quadro, che ha indebolito gravemente il Servizio sanitario nazionale nel corso quanto meno dell’ultimo decennio, il provvedimento assunto solleva in realtà rilevanti problematiche.
L’attività libero professionale intramoenia dei medici è da più parti sottoposta a critica. In particolare, nella misura in cui da percorso finalizzato a permettere la scelta del professionista all’interno della struttura pubblica si è trasformata in quello di ricorrervi per saltare le liste di attesa. Che si sono progressivamente allungate. Peraltro, i criteri di regolamentazione prevedono che la intramoenia debba essere sospesa in caso di non ottemperanza al rispetto dei tempi di attesa. Ma sono stati totalmente disattesi. Quanto previsto nell’articolo 11, tuttavia, non è un ampliamento dell’attività intramoenia per tali professioni, che la esercitano già, in misura limitata, in forma di equipe. Si tratta invece di autorizzare lo svolgimento della professione fuori dell’orario di lavoro in strutture esterne al servizio sanitario pubblico, cioè, in sostanza, private.
Quale effetto sul nostro SSN?
Le conseguenze sono facilmente prevedibili. Il personale delle professioni sanitarie di cui all’articolo 11, terminato il proprio orario di lavoro, farà attività in forma libero professionale in strutture private.
Sovraffaticamento? Burn out, specie per chi lavora nei settori di competenza del servizio pubblico e più impegnativi? Mancanza di tempo per aggiornamento? Pazienza! (O più esattamente… chi se ne frega). Sarà tale personale disponibile a straordinari o attività aggiuntiva in ambito pubblico? Ovviamente no, e non importa se il recupero di liste di attesa sarà ancora più difficile.
Il privato se ne avvantaggerà. Utilizza part time e con flessibilità personale preparato, e aggiornato in ambito pubblico, che si riversa nel privato a basso costo. Fornito – si immagina – di partita Iva tassata al 15%. Altro che leale concorrenza pubblico-privato come alcuni predicano!
In fine, l’autore si domanda se tale provvedimento non verrà inevitabilmente esteso ad altre figure che operano in ambito sanitario. E se la richiesta di “liberi tutti” non coinvolgerà, inevitabilmente, l’insieme del pubblico impiego. Non era stato promesso, durante la pandemia, che il Servizio sanitario nazionale sarebbe stato rafforzato e potenziato, anche per far fronte a nuove emergenze? Si è trattato di uno spergiuro?