di Mariana Mazzucato (The Guardian, 18 marzo 2020)
Professoressa di Economia, University College London
Il mondo è in una situazione critica. La pandemia di Covid-19 si sta rapidamente diffondendo in tutti i paesi, con una scala e una gravità che non si vedevano dalla devastante influenza spagnola del 1918. A meno che non venga intrapresa un’azione coordinata globale per contenerla, il contagio diventerà presto anche economico e finanziario.
L’entità della crisi richiede ai governi di intervenire. E lo stanno facendo. Gli stati stanno iniettando stimoli nell’economia mentre cercano disperatamente di rallentare la diffusione della malattia, per proteggere le popolazioni vulnerabili e contribuire a creare nuove terapie e vaccini. Le dimensioni e l’intensità di questi interventi ricordano un conflitto militare: è una guerra contro la diffusione del virus e il collasso economico.
Eppure c’è un problema. L’intervento necessario richiede una struttura molto diversa da quella scelta dai governi. Dagli anni ’80, ai governi è stato detto di fare un passo indietro e lasciare che le imprese guidino e creino benessere, intervenendo solo allo scopo di risolvere i problemi quando si presentano. Il risultato è che i governi non sono sempre adeguatamente preparati e attrezzati per affrontare crisi come il Covid-19 o l’emergenza climatica. Se i governi attendono il verificarsi di un enorme shock sistemico prima di agire, i preparativi si riveleranno insufficienti.
Nel processo, le istituzioni critiche che forniscono servizi pubblici e beni pubblici in modo più ampio – come il Servizio sanitario nazionale nel Regno Unito, dove dal 2015 si sono registrati tagli alla salute pubblica per il totale di 1 miliardo di sterline – rimangono indebolite.
Il ruolo preminente degli affari nella vita pubblica ha anche portato a una perdita di fiducia in ciò che il governo può ottenere da solo – portando a sua volta a molti partenariati pubblico-privato problematici, che privilegiano gli interessi degli affari rispetto al bene pubblico. Ad esempio, è stato ben documentato che i partenariati pubblico-privato in ricerca e sviluppo spesso favoriscono i “blockbusters” a spese di medicinali meno interessanti dal punto di vista commerciale ma che sono estremamente importanti per la salute pubblica, compresi antibiotici e vaccini per una serie di malattie potenzialmente epidemiche.
Inoltre, manca una rete di sicurezza e protezione per i lavoratori delle società che presentano disuguaglianze crescenti, in particolare per coloro che lavorano nella gig economy (ndr: economia dei lavoretti) senza protezione sociale.
Ma ora abbiamo l’opportunità di usare questa crisi per capire come fare capitalismo in modo diverso. Ciò richiede un ripensamento sul ruolo dei governi: piuttosto che limitarsi a correggere i fallimenti del mercato quando si presentano, dovrebbero spostarsi verso la formazione attiva e la creazione di mercati che garantiscano una crescita sostenibile e inclusiva. Dovrebbero anche garantire che le partnership con le imprese che coinvolgono fondi pubblici siano guidate dagli interessi pubblici e non dai profitti.
Prima di tutto, i governi devono investire e, in alcuni casi, creare istituzioni che aiutino a prevenire le crisi e ci rendano più capaci di gestirle quando si presentano. Il bilancio di emergenza del governo britannico di £ 12 miliardi per il SSN è una mossa benvenuta. Altrettanto importante è l’attenzione agli investimenti a lungo termine per rafforzare i sistemi sanitari, invertendo le tendenze degli ultimi anni.
In secondo luogo, i governi devono coordinare meglio le attività di ricerca e sviluppo, guidandole verso obiettivi di salute pubblica. La scoperta di vaccini richiederà un coordinamento internazionale su “herculean scale” (ndr: grande scala), come mostrato dal lavoro straordinario della Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI).
Ma i governi nazionali hanno anche un’enorme responsabilità nel plasmare i mercati guidando l’innovazione per risolvere gli obiettivi pubblici, allo stesso modo di quanto è stato fatto da ambiziose organizzazioni pubbliche come la Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa) negli Stati Uniti, che nel tentativo di far comunicare i satelliti, ha finanziato ciò che oggi chiamiamo Internet. Un’iniziativa simile nel settore sanitario garantirebbe che i finanziamenti pubblici siano orientati a risolvere i principali problemi di salute.
In terzo luogo, i governi devono strutturare partenariati pubblico-privato per garantire benefici sia ai cittadini che all’economia. La salute è un settore che riceve globalmente miliardi di fondi pubblici: negli Stati Uniti, il National Institute of Health (NIH) investe $ 40 miliardi all’anno. Dall’epidemia di Sars del 2002, l’NIH ha speso $ 700 milioni in ricerca sul coronavirus. L’ampio finanziamento pubblico destinato all’innovazione sanitaria significa che i governi dovrebbero “governe” il processo per garantire che i prezzi siano equi, che i brevetti non vengano abusati, che l’offerta di medicinali sia salvaguardata e che i profitti vengano reinvestiti nuovamente in innovazione, piuttosto che premiare solo gli azionisti.
E che se sono necessarie forniture di emergenza – come medicinali, letti ospedalieri, maschere o ventilatori – le stesse società che beneficiano di sussidi pubblici nei periodi favorevoli non devono speculare e sovraccaricare i prezzi nei tempi difficili. L’accesso universale ed economicamente sostenibile non è essenziale soltanto a livello nazionale, ma anche internazionale. Ciò è particolarmente cruciale per le pandemie: non c’è spazio per il pensiero nazionalistico, come il tentativo di Donald Trump di acquisire una licenza americana esclusiva per il vaccino contro il coronavirus.
In quarto luogo, è tempo di imparare finalmente le dure lezioni della crisi finanziaria globale del 2008. Poiché le aziende, dalle compagnie aeree al commercio al dettaglio, chiedono salvataggi e altri tipi di assistenza, è importante resistere alla semplice distribuzione di denaro. Possono essere previste condizioni per assicurarsi che i salvataggi siano strutturati in modo da rendere i settori che stanno salvando parte di una nuova economia – incentrata sulla strategia del new green deal per ridurre le emissioni di carbonio e allo stesso tempo investire sui lavoratori assicurandosi che si adattino alle nuove tecnologie. Deve essere fatto ora, mentre il governo ha il sopravvento.
Il Covid-19 mette in evidenza la mancanza di preparazione e resilienza di un’economia sempre più globalizzata e interconnessa; questo non sarà sicuramente l’ultimo caso. Possiamo usare questo momento per portare al centro del capitalismo gli interessi pubblici. Non lasciamo che questa crisi venga sprecata.