Garattini: «Sul mercato troppi prodotti inutili»

Il Messaggero 11 novembre 2025, intervista di M.Ev.

«Il vero nodo è che l’Ema decide, quando autorizza un farmaco, lo fa sulla base della legge europea che prevede solo tre criteri: qualità, efficacia e sicurezza. Questi elementi sono importanti, certo, ma non bastano. Non dicono qual è il rapporto tra un nuovo farmaco e quelli già esistenti. Se non si fanno confronti, ogni industria fa semplicemente “il meglio possibile” per portare sul mercato un nuovo prodotto. È questo ciò che l’industria difenderà sempre. Così abbiamo continuamente nuovi farmaci, che però spesso non sono migliori dei precedenti». L’analisi, impietosa, è di Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. «L’Ema invece è l’Agenzia europea per i medicinali, l’organismo dell’Unione Europea che valuta, approva e controlla i farmaci. Il meccanismo innescato dalla normativa vigente e dalla posizione di forza delle industrie farmaceutiche è che si mettono sul mercato sempre nuovi farmaci rispondendo all’esigenza di aumentare i profitti, non di migliorare le cure».

Professore, il report di Aifa ci dice che in Italia si consumano molti medicinali.

«Il punto vero è che, oltre a qualità, efficacia e sicurezza, serve anche valutare il valore terapeutico aggiunto di un farmaco. Se un farmaco non è attivo di uno che già esiste, non dovrebbe essere approvato. L’Aifa, che partecipa all’attività dell’Ema, ha detto più di una volta: “Dobbiamo mettere in commercio solo i farmaci approvati dall’Ema; se l’azienda selezionerà quelli che saranno rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. Lo fa, ma senza un reale criterio di priorità. E allora il medico come può orientarsi? Prescrive quello che vede sul mercato, ciò che gli viene proposto come “nuovo” o “utile”, ma fare in modo indipendente. Oggi è più facile fare ricerca su certi tipi di farmaci: basta modifi care leggermente la struttura chimica di una molecola e si può ottenere un nuovo farmaco. L’industria fa ricerca, certo, ma la fa soprattutto su ciò che garantisce profitto, ha interesse a mettere in commercio sempre nuovi farmaci che però non sappiamo se sono migliori di quelli esistenti. I paesi che fanno parte dell’Ema dovrebbero cambiare le norme».

Questo cosa produce?

«Un esempio: noi abbiamo 2 milioni di persone che hanno 7mila malattie rare, di cui nessuno si occupa come ricerca perché c’è poco profitto. Eppure la Costituzione dice che lo Stato tutela la salute di tutti i cittadini. Non è vero: tutela la salute dei cittadini che hanno malattie che danno profitto. Bisogna cambiare la legislazione. Non solo: abbiamo 120 principi attivi contro l’ipertensione, ha senso? Si potrebbe fare per il servizio sanitario nazionale bandire il pubblico prendiamo solamente un certo numero».

Come si affronta il gravissimo problema dell’antibiotico-resistenza?

«Con l’educazione. Serve un’informazione indipendente. Chi prescrive, prescrive solo sulla base della pubblicità di chi vende. C’è perfino chi assume un antibiotico, prima di prendere un vaccino. Ci sono le mamme che danno antibiotici a bambine che hanno malattie di tipo virale. E non abbiamo mai adeguato le confezioni degli antibiotici. Normalmente si danno due compresse al giorno per sei giorni. Bene, le confezioni italiane sono sempre di dieci compresse e così devo comprare per forza due confezioni. E così, quando magari una mamma vede che il dottore ha prescritto due compresse, in buona fede le dà al figlio se ha qualche linea di febbre».

E qual è lo scenario con cui abbiamo a che fare?

«Grosso. L’Italia è il paese che prescrive più antibiotici della media europea. Abbiamo 10.000 morti all’anno per antibiotico-resistenza: siamo un terzo di tutta l’Europa. Ricordiamolo: se abuso dell’uso degli antibiotici anche quando non ne ho bisogno, quando mi serve sul serio potrebbe non funzionare più. Ma ripeto: il problema è che tutta l’informazione deriva da chi vende. I medici vanno ai congressi? Paga l’industria farmaceutica. Le società scientifiche da chi vengono sostenute? Dai venditori di farmaci. E c’è anche un altro fatto. Il mercato della medicina, come tutti i mercati, vuole aumentare. E allora si diminuisce con il livello di “normalità” per allargare la platea dei potenziali consumatori. Per anni, il colesterolo “normale” era fino a 240 mg/dl; ora è stato 180. La pressione normale era 140/90, oggi si parla di 120/60. È chiaro che così crescono i numeri che possono considerare malati, e quindi anche il mercato dei farmaci».

Come mai c’è questo aumento dell’uso degli psicofarmaci tra i minori?

«Molti, dopo pandemia hanno dato danni indotti dal Covid e il fatto che non sono andati a scuola e per un periodo hanno perso le normali relazioni. Ma non sappiamo quanto questo abbia effetti a lungo termine sul cervello di un giovane. Non ci sono studi adeguati. Ed anche il fascismo, i risultati si vedrebbe solo tra 30 o 40 anni. Lo stesso vale per la cannabis: oggi vediamo molti più casi di psicosi, schizofrenia e depressione. I danni si manifestano solo ora, dopo anni di uso».

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